Cu è luntanu du sonu gran cansuni sapi” cioè “chi è lontano dal suono, conosce grandi canzoni”, diceva, in senso ironico, occasionalmente, nonna Tita a proposito di chi esprime facili giudizi, non vivendo nel contesto di riferimento.

Chi vive lontano dalla Calabria, come l’intellettuale Corrado Augias, parlando, talvolta, da osservatori privilegiati come quelli delle televisioni,  esprime lapidari giudizi sullo strato più esterno della "pelle" calabrese, in quanto non coglie i fermenti e neppure le sofferenze delle persone che, spesso in modo eroico, vivono nello strato interno della “pelle” e combattono, quotidianamente, contro i nemici vicini e lontani.
La Calabria è come uno strato della pelle, invaso dal cancro. Lo strato esterno mostra il male, mentre quello interno, che non è stato raggiunto dal tumore e che difficilmente appare, fa molta fatica a reagire. Questo succede perché per le parti belle e non intaccate non è semplice trovare la forza di sviluppare gli "anticorpi" necessari per contrastare le varie "metastasi" ma, pure, perché non vedono “equipe chirurgiche” e “studi medici associati” capaci e vogliosi di dare terapie efficaci per combattere o quanto meno temporeggiare, per eliminare questa brutta malattia.
Il mio auspicio è che si comunichi, come spero abbia fatto recentemente Augias, non per mortificare, ma per spronare a reagire.  Infine invito a non scommettere sulla irreversibile fragilità del corpo “calabrese”, ma di investire sulla speranza del genere umano con la Carità come supervisore delle vicende terrestri. 

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