La parola surrogato evoca infelici pensieri soprattutto in coloro che hanno vissuto in anni di povertà e miseria. Quando il caffè non era disponibile o difficilmente reperibile, mentre le persone più abbienti ricorrevano come surrogato del caffè al “caffè d’orzo”, le persone meno abbienti, invece bevevano il surrogato del caffè fatto con ghiande.

Queste, cioè i frutti secchi e indeiscenti delle querce, venivano raccolte, si facevano seccare al sole e al riparo dall’umidità, poi macinate sino a trasformarle in polvere e infine si mettevano in infusione cioè in una tazza di acqua bollente. Pare che anche i tedeschi dovettero ricorre al surrogato del caffè ottenuto dall’estratto di ghiande quando gli alleati della seconda guerra mondiale limitarono le riserve alimentari della Germania nazista.  Mentre, un tempo, le ghiande erano molto apprezzate e utilizzate fin dai tempi più remoti, quando costituivano una delle principali fonti alimentari degli abitanti delle nostre campagne, oggi, sono l’alimento principale per i suini destinati alla produzione di qualità pregiate di prosciutto come quello di Suino Nero. Ci piace pensare che anche il caffè ottenuto dalla ghianda abbia stimolato la vivacità del cervello umano, promosso una buona comunicazione, aiutato a sognare molto e che “pure in carcere ‘o sanno fâ”, come cantava Fabrizio De André. Ci esalta l’idea che le cose migliori succedono tutte dopo il caffè, un buon caffè. Perché se non è buono, che piacere è? Buon caffè

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