Le faccio questa breve intervista, destinata al mio blog, per capire la difficoltà del momento, comprendere le sue basi storiche, per incoraggiare alla conoscenza, alla ricerca, all’approfondimento e, quindi, perché si realizzino i valori di una concezione democratica dell’educazione e dell’organizzazione sociale.

Lei è stata una pedagogista, una partigiana, nonché la più giovane delle 21 donne che fecero parte della prima Assemblea Costituente e anche l’ultima a morire, perché scelse proprio la mimosa come simbolo per la festa delle donne?

La mimosa era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette. Mi ricordava la lotta sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente. Quando nel giorno della festa della donna vedo le ragazze con un mazzolino di mimosa penso che tutto il nostro impegno non è stato vano.

Lei è stata controcorrente e, quando mise in discussione la «democraticità» del Partito comunista italiano al quale aderì nel 1942, fu radiata. E’ stata anche una delle prime iscritte che, dall’interno del partito, denunciò le anormalità della dittatura di Stalin. Agli insistenti inviti di ricandidarsi alle elezioni del 18 aprile 1948 affermò: Tornai da Togliatti e gli dissi: Tu fai politica perché vuoi governare la gente; io invece vorrei che la gente si governasse da sé. Ci racconta qualche episodio di quella esperienza politica e più segnatamente dei suoi rapporti con Togliatti e Nilde Iotti?

Togliatti voleva farmi abortire per timore dello scandalo, ma quel figlio io lo volevo … Dissi a Togliatti: Le ragazze madri in Parlamento non sono rappresentate, dunque le rappresento io.

Dopo che già era stata presidente della Camera per due volte: Nilde, lo sai quanto costa 1 kg di pane? Quanta carne può comprare una massaia con 150 lire? E lei rispose che non lo sapeva proprio. E allora le chiesi: Come puoi rappresentare le donne italiane?

A un certo punto Togliatti mi affidò il compito di preparare la proposta comunista relativa agli emolumenti dei deputati. Io mi rivolsi a Giuseppe Di Vittorio, che era un eccellente sindacalista ed era anche molto indipendente dal partito, e con lui decidemmo di verificare lo stipendio medio di un operaio o di un impiegato. La paga media si aggirava intorno alle 42.000 lire al mese e tale cifra proposi anche per i parlamentari. Nell’Ufficio di presidenza, nel quale erano rappresentate tutte le formazioni politiche, scoppiò il finimondo, ma alla fine trovammo un accordo intorno alle 80.000 lire più alcune facilitazioni per chi risiedeva fuori Roma. Ci sembrava di aver già commesso una forzatura, pensate però alla differenza che esiste oggi tra lo stipendio medio di un lavoratore e quello di un parlamentare!

Quando finì in cella, dopo essersi recata a Mantova per incontrare don Mazzolari, venne a contatto con le prostitute, scoprendo questa aspetto aberrante della donna, cosa pensa delle conquiste delle donne e della contingentazione degli spazi fra uomini e le donne?

La nostra esigenza di entrare nella vita nazionale, di entrare in ogni campo di attività che sia fattivo di bene per il nostro paese, non è l’esigenza di affermare la nostra personalità e qui contrapponendola alla personalità maschile. […] Noi non vogliamo che le nostre donne si mascolinizzino, non vogliamo che le donne italiane aspirino ad una assurda identità con l’uomo; vogliamo semplicemente che esse abbiano la possibilità di espandere le proprie forze, tutte le loro energie, tutta la loro volontà di bene nella ricostruzione democratica del nostro Paese.

Grazie e buona vita.

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