La recente decisione del governo nipponico di disperdere nell'Oceano Pacifico acqua contaminata e radioattiva, contenente anche il trizio, il carbonio-14 e gli isotopi del rutenio, del cobalto, dello stronzio e del plutonio, proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima, ci ha portato a pensare che alcune azioni, a livello internazionale, finalizzate alla difesa del pianeta Terra, siano in contrasto con l’Obiettivo 14” Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine” dell’ Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritte, nel settembre 2015, dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.

I pescatori e i paesi vicini, ma anche la Cina, che viene indicata come una delle nazioni più inquinanti nel mondo, ha preso una dura posizione contro questa decisione, pare approvata anche dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) delle Nazioni Unite. Occorre ricordare che l'Italia importa oltre 21 milioni di chili di pesci, crostacei e molluschi provenienti dalle acque del Giappone. Non ho le competenze sufficienti per poter stabilire se 1.500 pescatori giapponesi corrono il rischio di “trovarsi in mezzo al mare, e noi italiani, di avere, sulle nostre tavole, pesce nel quale si sono accumulate sostanze nocive. Sono, però, convinto che da questa possibile minaccia occorra trovare un buon motivo per non importare più pesce dall’oceano pacifico e, nel contempo, puntare a realizzare, in loco, ulteriori occasioni per sviluppare maggiormente le attività di tutela del mare e di promozione dell’attività ittica.

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