Le faccio questa breve intervista, destinata al mio blog, per capire la difficoltà del momento, comprendere le sue basi storiche, per incoraggiare alla conoscenza, alla ricerca, all’approfondimento e, quindi, perché si realizzino i valori di una concezione democratica dell’educazione e dell’organizzazione sociale. Lei è stato un viaggiatore, scrittore e illustratore inglese che dal 25 luglio al 5 settembre 1847 ha visitato, soprattutto, l’interno della provincia di Reggio Calabria, lasciando un resoconto grafico e descrittivo nel suo “Journals of a landscape painter in Southern Calabria”, pubblicato nel 1852 a Londra.

Dopo aver lasciato Reggio Calabria, che lei ha descritto come un grande giardino, uno dei luoghi più belli che si possano trovare sulla terra, si recava a Pentedattilo e, mano a mano che si avvicinava, così, descriveva il nuovo scenario che le si presentava dinnanzi Avanzando, le vedute delle meravigliose rocce scoscese di Pentidattilo divennero sorprendentemente maestose e selvagge, e mentre il sole tramontava in gloria purpurea, schiudeva una vera magnifica e magica scena da romanzo. Cosa le è rimasto più impresso di questo borgo?

 Questo strano borgo è così situato che, per quanto sia visibile da tutti i lati attorno, gli si può passare accanto senza accorgersi della sua vicinanza. Il burrone dove il fiume scorre è pieno e bloccato da rocce scoscese a sud della grande rocca dove la città è costruita; così è necessario attraversarle dal lato occidentale del ruscello, e salire le alture che lo chiudono, prima di riattraversarlo per raggiungere infine la rimarchevole rocca. Ma avendo raggiunto l’altura opposta, l’apparire di Pentedattilo è perfettamente magico, e ripaga qualunque sacrificio fatto per raggiungerla. Selvagge sommità di pietra spuntano nell’aria, aride e chiaramente definite in forma […] di una mano gigantesca contro il cielo […]”.

Che impressione avete avuto di Canolo, che vi era stato descritto, dai vostri amici di Gerace, come un luogo tutto orrido, ed al modo vostro pittoresco?

Il villaggio per se stesso è schiacciato e spinto in un nido di rocce appuntite subito dopo il vasto precipizio che si chiude attorno al Passo del Mercante, e quando da una parte si guarda a questa barriera di pietre, e poi, girando attorno si guarda il mare distante e le colline ondulate, nessun contrasto può essere più rimarchevole.

Prima di terminare il suo viaggio a piedi, si reca anche a Palmi. Perché tesse le lodi di questo centro del tirreno?

Da questo posto c'è uno dei panorami per cui i pochi viaggiatori che passano da Reggio a Napoli per terra sono abituati a dare entusiasmati che lodi; una piatta passeggiata o piattaforma, semi circondata da sedili e da una balaustrata, il ritrovo serale dove si ozia a Palmi, finisce da una parte con un gruppo di chiese e altre costruzioni della città, e dall'altra parte cala a picco nel mare blu, un perpendicolare precipizio coperto di cactus.

Grazie e buona vita

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