Le faccio questa breve intervista, destinata al mio blog, per capire la difficoltà del momento, comprendere le sue basi storiche, per incoraggiare alla conoscenza, alla ricerca, all’approfondimento e, quindi, perché si realizzino i valori di una concezione democratica dell’educazione e dell’organizzazione sociale.
Lei deve la sua fama alla prima ascensione del monte Everest avvenuta il 29 maggio 1953 insieme allo sherpa Tenzing Norgay. Ci racconti l’arrivo in vetta.
Feci cenno a Tenzing di avvicinarmi. Ancora qualche colpo di piccozza, qualche passo molto faticoso, ed eravamo in vetta all'Everest. Erano le 11:30. La mia prima sensazione fu di sollievo: sollievo che la lunga fatica fosse finita, che la vetta fosse stata raggiunta prima che le nostre scorte di ossigeno scendessero a un livello critico.
Quale fra i tanti pensieri prima di partire le balenavano nella mente?
Non sapevamo se fosse umanamente possibile raggiungere la cima del Monte Everest. E anche usando l'ossigeno così com'eravamo, se fossimo arrivati in cima, non eravamo affatto sicuri se non saremmo caduti morti o qualcosa del genere.
Lei che fu anche in Antartide e raggiunse il Polo sud il 4 gennaio 1958, ha scoperto che anche i mediocri possono avere avventure e anche i paurosi possono realizzarle. Quale è la sua opinione sulle persone che hanno uno spiccato spirito d’avventura?
Gli esploratori del passato erano grandi uomini e dovremmo onorarli. Ma non dimentichiamo che il loro spirito continua a vivere. Non è ancora difficile trovare un uomo che si avventuri per amore di un sogno o uno che cerchi, per il piacere di cercare, non per quello che potrebbe trovare.
Grazie e buona vita