Le faccio questa breve intervista, destinata al mio blog, per capire la difficoltà del momento, comprendere le sue basi storiche, per incoraggiare alla conoscenza, alla ricerca, all’approfondimento e, quindi, perché si realizzino i valori di una concezione democratica dell’educazione e dell’organizzazione sociale.

Lei è stato autodidatta della fede perché, pur crescendo in un ambiente avulso dalla presenza di Dio, sostanzialmente sterile e materialista, ha lasciato emergere nella luce la sua oceanica anima. Sua sorella le ha chiesto se è allegro, quale è stata la sua risposta in quella famosa lettera?

È come non potrei esserlo? Finché la fede mi darà forza sempre allegro! Ogni cattolico non può non essere allegro: la tristezza deve essere bandita dagli animi cattolici; il dolore non è la tristezza, che è una malattia peggiore di ogni altra. Questa malattia è quasi sempre prodotta dall'ateismo, ma lo scopo per cui noi siamo creati ci addita la via, seminata sia pure di molte spine, ma non una triste via: essa è allegria anche attraverso i dolori».

In occasione della sua beatificazione, avvenuta il 20 maggio 1990, il «Times» di Londra le dedicò un articolo in prima pagina. Ma perché tanto interesse per questo ragazzo ricco, bello, intelligente, dalla vita normale, che non ha fondato né istituti, né scuole, né congregazioni religiose? Il Club Alpino Italiano del quale è stato socio le ha dedicato un sentiero, in ogni regione d’Italia che abbracciasse valori naturalistici, storici e religiosi, avendo lei, in fondo, tracciato “il sentiero” per tutti quei giovani che davvero, come lei diceva, vogliono “vivere e non vivacchiare”. Con quali sue frasi vorrebbe che fosse ricordato il suo amore per la Montagna?

Montagne, montagne, montagne, io vi amo!. Sempre più desidero scalare i monti, guadagnare le punte più ardite; provare quella gioia pura, che solo in montagna si ha.  Giovani, la vera felicità non consiste nei piaceri del mondo o nelle cose terrene, ma nella pace della coscienza, la quale si ha soltanto se siamo puri di cuore e di mente.

Il giorno della beatificazione, Giovanni Paolo II, suo grande ammiratore, lo definì il ragazzo delle otto beatitudini. Invece di studiare, come i suoi genitori avrebbero voluto, per raggiungere presto la laurea in ingegneria che, nel 2001 l’è stata consegnata post mortem,  lei «bighellona» con gli amici, «perdendo» continuamente tempo prezioso e, invece di pensare ai doveri di un rampollo del suo rango, si occupa di preghiere, di celebrazioni eucaristiche, di letture spirituali e, come non bastasse, alla legazione italiana di Berlino dove suo padre è ambasciatore, ruba i fiori nelle sale di rappresentanza, per portarli sulle tombe della povera gente. Sei un bigotto? le chiesero un giorno in Università, così come venivano scherniti i cattolici dai massonico-liberali, dai social-comunisti e dai fascisti. Come Lei ha risposto?

No. Sono rimasto cristiano.

Grazie e buona vita

 

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