Le faccio questa breve intervista, destinata al mio blog, per capire la difficoltà del momento, comprendere le sue basi storiche, per incoraggiare alla conoscenza, alla ricerca, all’approfondimento e, quindi, perché si realizzino i valori di una concezione democratica dell’educazione e dell’organizzazione sociale.

Lei è stato un campione sportivo e di umanità. Ci può dire quale sia stato il suo segreto motivazionale che l’ha spinto a salvare migliaia di ebrei dai lager nazisti e diventare un campione nel ciclismo?

Il mio segreto non sono le gambe, è la voglia. In montagna uno pedala e pedala, poi ad un certo punto ti manca il fiato, le gambe ti fanno male da morire e dici: basta, la smetto, mi ritiro. Quello lì è il momento della voglia. La voglia di dare un altro giro di pedale, e poi dopo una pigiata ne viene un'altra, poi un'altra ancora, e ti tornano le forze. Ecco cos'è la voglia.

Appartiene a una delle pagine più belle del ciclismo romantico il suo gesto, del 6 luglio 1952, di dare la sua borraccia al campionissimo Fausto Coppi. A cosa serve lo sport?

Se lo sport non è scuola di vita e non è solidarietà, non serve a niente.

Lei, per essere incline a esprimere giudizi sarcastici o malevoli e per essere scontroso, è conosciuto come Ginettaccio. Ci dice degli italiani e della loro inclinazione a fare carriera?

Gli italiani sono un popolo di sedentari. Chi fa carriera ottiene una poltrona.

Grazie e buona vita

 

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