È triste sentire da autorevoli "esperti" che bisogna ripiantare alberi per ripristinare i danni degli incendi di quest'estate. Da queste persone mi sarei aspettato un insegnamento più articolato in ordine al ripristino di quelle aree.

Non sono da guardare come un luogo dove c'erano alberi che vanno sostituiti, quindi mettere “toute court” un certo numero di piante che diventeranno adulte. Si tratta invece di ripristinare e/o creare habitat naturali in base ai modelli di habitat, agli indici di vocazione naturale, agronomico-produttivo, agronomico-quantitativo e le mappe vocazionali, non dimenticando della componente umana che non è avulsa da quel contesto territoriale. Di conseguenza l'habitat di un luogo posto a distanza dall'altro, con realtà economiche sociali ambientali diverse, va progettato e gestito in modo differente.

La mia speranza è che non si rifacciano gli errori del passato e più specificatamente quelli commessi dopo le alluvioni del 1950, testimoniati dai tanti rimboschimenti nei quali non sono state realizzate le operazioni colturale degli sfolli e dei diradamenti e non è stato preso, neanche lontanamente, in considerazione il mondo animale.

Nelle prime propaggini aspromontane non è difficile trovare specie vegetali che sono fuori dal loro naturale areale di vegetazione e rimboschimenti con piante filate, facile innesco per incendi. Non ci credo ma ci spero che i PNRR o altri finanziamenti possano essere una buona occasione per realizzare, impiegando conoscenze scientifiche e non politiche-clientelari, habitat di qualità per persone di qualità. 

 

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