Le faccio questa breve intervista, destinata al mio blog, per capire la difficoltà del momento, comprendere le sue basi storiche, per incoraggiare alla conoscenza, alla ricerca, all’approfondimento e, quindi, perché si realizzino i valori di una concezione democratica dell’educazione e dell’organizzazione sociale. Anche la sua vita attesta che nascere in luoghi disagiati non esclude la possibilità di affermazione. Lei è conosciuto soprattutto per il testo “Gente in Aspromonte” e l’affermazione la disperazione più grave che possa impadronirsi d'una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile. Ritiene che nella vita ci sia sempre un’altra possibilità?

Ché non ci si può rifare? Soltanto chi è morto ha finito. Noialtri abbiamo la pelle dura da affilarci il rasoio.

 Lei è stato uno scrittore  ed ha scritto al mio paese, la piccola borghesia considera una grande prova di abilità arrivare a ingraziarsi con tutti i mezzi, anche i più bassi, chi comanda. La furberia al posto di ogni altra qualità umana. Chi non vi riesce è un imbecille, e chi non vi si adatta, un pazzo. 'Ha relazioni' è al mio paese dire molto. Cosa pensa della libertà?

Nessuna libertà esiste quando non esiste una libertà interiore dell'individuo.

Lei, che è stato anche giornalista e sceneggiatore italiano, ritiene che dei Greci, i meridionali hanno preso il loro carattere di mitomani. E inventano favole sulla loro vita che in realtà è disadorna. A chi come me si occupa di dirne i mali e i bisogni, si fa l'accusa di rivelare le piaghe e le miserie, mentre il paesaggio, dicono, è così bello. Cosa dice dei calabresi?


I calabresi mettono il loro patriottismo nelle cose più semplici, come la bontà dei loro frutti e dei loro vini. Amore disperato del loro paese, di cui riconoscono la vita cruda, che hanno fuggito, ma che in loro è rimasta allo stato di ricordo e di leggenda dell'infanzia.

Grazie e buona vita

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