Le faccio questa breve intervista, destinata al mio blog, per capire la difficoltà del momento, comprendere le sue basi storiche, per incoraggiare alla conoscenza, alla ricerca, all’approfondimento e, quindi, perché si realizzino i valori di una concezione democratica dell’educazione e dell’organizzazione sociale. Dopo avere fatto il muratore, lei lasciò Sant’Agata del Bianco, per studiare, prima a Catanzaro, poi alla facoltà di lettere di Messina, per trasferirsi nel 1953 a Firenze, dopo aver soggiornato in Svizzera dal 1958 al 1964. Lei ha scritto: Varrebbe la pena che i poveri decidessero a non fare figli. Le guerre chi le combatterebbe più? È cambiata la condizione dei poveri nel dopoguerra?

Niente è cambiato per i poveri, vent'anni dopo la guerra! A comandare sono i padroni, da sempre: prima Giolitti, poi i fascisti, ora i democristiani che governano in nome di Cristo che offendono in mille maniere.

Lei è nato nel 1924, cosa mi dice, della sua Calabria che ha lasciato, molto presto?

Io l’amo profondamente la mia Calabria, ho dentro di me il suo silenzio, la sua solitudine tragica e solenne. Sento che pure qualcosa dovrà venire fuori di lì: un giorno o l’altro dovrà ritrovare dentro di sé ancora quelle tracce che conserva dell’antica civiltà della Magna Grecia.
Lei ha detto: “la serie dei miei racconti e dei miei romanzi non sono altro che capitoli di un lungo romanzo”. Qual è il libro che le piacerebbe salvare?

Il libro che ritengo più poetico e che mi piacerebbe salvare, non ho nessun dubbio: Tibi e Tascia.

Grazie e buona vita

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