Le faccio questa breve intervista, destinata al mio blog, per capire la difficoltà del momento, comprendere le sue basi storiche, per incoraggiare alla conoscenza, alla ricerca, all’approfondimento e, quindi, perché si realizzino i valori di una concezione democratica dell’educazione e dell’organizzazione sociale. 

Lei, che è stato capace di dividere la sua ricchezza con i più poveri del mondo, ci dica se tutti possono credere di poter condividere la condizione degli ultimi?

Come si fa a credere di poter condividere la condizione degli abitanti di una bidonville, in senso fisico come in senso morale, quando si gode di una salute di ferro, quando non si ha una famiglia da sfamare, curare; quando non si deve cercare un lavoro e non si ha l'ossessione di doverselo conservare; quando si sa che in ogni momento si ha la possibilità di andarsene?

Parte dei guadagni ottenuti dalla vendita dei suoi libri lei l’ha donata, a partire dal 1982, all'associazione non profit City of Joy, che diverrà poi il titolo di uno dei suoi più famosi romanzi, La città della gioia, nel quale ha rilevato che mai nessun mendicante le ha mai chiesto soldi. Non le sembra un fatto anomalo?

La gente è poverissima ma si aiuta reciprocamente per sopravvivere: nessuno li sfrutta. A me hanno sempre dato tanto e mai chiesto nulla.

Lei è stato uno scrittore e, nel 1982, con il sostegno di Maria Teresa di Calcutta, ha fondato insieme alla moglie l'associazione Action pour les enfants des lépreux de Calcutta. Ci risulta che abbia scritto che in India ci sono bambini che vengono dati in affitto per chiedere l'elemosina. Magari, per esempio, questo business non sarà più così redditizio. Certo sarà importante non riservare lo stesso trattamento ai professionisti dell'elemosina e ai poveri cristi. Non crede che sia opportuno togliere i mendicanti dalle strade?

Rimuovendo i mendicanti non si sradica la causa della povertà ma almeno si cerca di contrastare la mafia che sfrutta questa povertà per fare profitto.

Grazie e buona vita

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