Nelle pasticcerie reggine, nei giorni che precedono la ricorrenza di Ognissanti e quella della commemorazione dei cari defunti, fa bella mostra di sé nelle vetrine la “frutta Martorana”. Quella vista, ogni anno, mi fa rinvenire, tra le pieghe della memoria, la volontà di mia nonna di farci mantenere alte le tradizioni locali come quelle legate ricorrenza dei morti. Affinché i defunti potessero riassaporare i cibi di un tempo,

diversamente da alcune famiglie che da metà ottobre a metà novembre tenevano la tavola imbandita con un piatto ricolmo di cibo, con una bottiglia di vino e con una brocca d’acqua, nonna Tita, invece, la lasciava solo la notte tra i due giorni festivi. Una volta addormentati la nonna deponeva sul comodino dolcetti di pasta di mandorle, raffinatamente modellati e colorati in modo da imitare alla perfezione frutti e ortaggi in scala ridotta. Al risveglio ci diceva che, secondo vecchie tradizioni pagane, erano stati i defunti a farci trovare frutticini di “frutta Martorana“, Questa è così chiamata perché,  secondo un verosimile racconto, è stata realizzata, per la prima volta, nel Basso Medioevo, dalle monache del Monastero della Martorana, fondato a Palermo dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194. Questa bizzarra tradizione si perpetua volentieri poiché, fra le tante che ancora si rinnovano, è quella che più delle altre delizia dapprima la vista e poi il palato. E allora, buon appetito.

Non hai il diritto a pubblicare

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.