In agro della frazione di Melia, comune di Scilla, sulla via delle Regge Poste, che prese il nome da Caio Popilio Lenate, uomo

politico romano che la fece costruire nel 140 a. C. e che, in seguito Marco Ulpio Traiano imperatore romano prolungò fino a Reggio, le grotte chiamate di Tremusa, dopo essere state milioni di anni fa sotto il mare, sono riaffiorati tra sedimenti tipici dell’ambiente marino, avendo subito, nel corso del tempo un sollevamento tettonico.

Mi piace ricordare che è stata la sezione Aspromonte del Club alpino italiano, con una esplorazione della cavità compiuta per la prima volta da speleologi del gruppo speleologico bolognese del C.A.I e dell’Unione speleologica bolognese, nel 1984 e, successivamente, con un’indagine conoscitiva sull’ambiente ipogeo sotto l’aspetto geologico, su quello paleontologico e su quello toponomastico a comunicare al grande pubblico le principali caratteristiche dell’affioramento.

Le grotte si presentano nella loro bellezza e amenità avvolte da una fitta vegetazione tipica della macchia mediterranea e da coltivi. Una serie di aperture ravvicinate si elevano dalla base di una parete rocciosa alta mediamente 6 metri, permettendo di accedere all’interno. Qui, soprattutto sulla volta, sono presenti gusci bivalvi, le conchiglie Pecten, appartenenti al Phylum dei molluschi, che hanno incominciato ad abitare i fondali marini sabbiosi e fangosi più di 500 milioni di anni fa.  Tuttavia, è meglio dare vita a immagini di fantasia piuttosto che inoltrarsi. Si può entrare con cautela, facendo attenzione alle stalattiti e stalagmiti calcaree dalle quali gocciola acqua.

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